Se
gli Alleati avessero avuto nei confronti dei tedeschi la stessa pietà
che loro oggi rivolgono ai greci, la Germania, oggi, sarebbe una pura
espressione geografica. Ciononostante, per irriconoscenza o pura
follia (o entrambe le cose), la Germany way of life è in buona
sostanza esigere dagli altri ciò che non si è preteso da se stessi.
Se la IIa guerra mondiale è stata causata da una pessima gestione
della fine della Ia, non si può proprio affermare che a Berlino
abbiano fatto tesoro di questo insegnamento e si voglia evitare di
ricreare quella situazione di povertà e disagio sociale dal quale
sono sorti i fascismi. Il Segretario di Stato degli Usa al termine
dell'ultima guerra mondiale, George Marshall, all'epoca affermò che
l'Europa avrebbe avuto bisogno per 3-4 anni (divennero poi 6) di
ingenti aiuti da parte americana. Senza di essi, la gran parte
del vecchio
continente avrebbe
conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche,
economiche e sociali. Il piano che prese il suo nome prendeva
forma da questo concetto. L'unione Sovietica (pur invitata al tavolo
delle trattative) se ne tirò subito fuori e con essa tutto il blocco
orientale che egemonizzava. Gli USA continuarono per la strada
intrapresa e cercarono di spingere gli Stati europei ad utilizzare
gli aiuti forniti loro non per fronteggiare le contingenze del
momento, quanto per avviare un processo di trasformazione strutturale
delle proprie economie. Se
l'Europa è una Istituzione paladina della democrazia di questa cosa,
di questo insegnamento storico non può non tenere conto. Altrimenti,
dobbiamo pensare che questo organo elettivo abbia priorità e
politiche che divergono dal concetto di sovranità popolare o che le
democrazie nazionali siano arrivate a questo evento del tutto
impreparate l'Unione sia destinata, perciò, al più misero dei
fallimenti. Questo evento, però, porterà con sé anche le
Istituzioni Nazionali, paradossalmente, perché l'Europa era nata
proprio per difendere queste ultime ed invece rischia di diventarne
l'affossatore, il becchino.
Peter Cruise è un tranquillo scozzese che abita a Edimburgo con tutta la sua famiglia: la bella moglie e i due figli. Una sera, prima di cena, bloccato nell’ascensore, non riesce ad assistere all’invasione della Terra da parte di una razza aliena. Da quando riesce a uscire da quella incomoda posizione e si fa largo tra le macerie, inizierà per lui un lungo calvario alla ricerca della sua famiglia e di una ragione per vivere in un mondo orribilmente trasformato per ospitare i suoi nuovi padroni.
mercoledì 29 aprile 2015
lunedì 13 aprile 2015
Attenti al Lupo
La
favola più raccontata nel Belpaese, da quando è incominciata la
Crisi, è che le cose vanno bene perché i ristoranti sono pieni. La
verità, lo sappiamo tutti, è un'altra. Il numero delle imprese che
si occupano di ristorazione è calato considerevolmente per
cessazione di attività. Il menù medio di un'azienda prevede che
quello che 8 anni fa era prezzato a 40 euro oggi si “vende”
solamente a 10. Tuttavia, si può pranzare e cenare con un pasto
completo a 4,5 euro in una serie sempre più ampia di ristoranti. La
spesa pro capite che i clienti “si permettono” di aggiungere al
menù è praticamente risibile. Sono state ridotte le spese per
l'acquisto della materia prima (diciamocelo pure che i formaggi
italiani con latte proveniente dalla Lituania sono un'altra cosa) e
il costo del lavoro dei cuochi e del servizio ai tavoli è stato
ridotto. Questo è, dunque, il Bengodi tanto decantato dai nostri
pifferai magici? Questa è la ripresa che sta arrivando ed è
segnalata da Istat e Ministeri vari? Credo che occorra essere seri e
onesti con tutti i cittadini italiani. Il messaggio che la massa sta
dando alla politica è chiaro: “smettetela di prenderci i soldi e
per i fondelli”. Non bastano più gli annunci e le dichiarazioni
roboanti sui mezzi di informazione, sempre più proni verso le
autorità del momento anziché al servizio e all'utenza. Lo Stato è
diventato (lo scriveva Lenin) l'organizzazione della violenza atta a
reprimere una certa classe: quella dei poveri e dei lavoratori. Basta
favole o la prossima la racconteranno i cittadini e sarà quella del
“Lupo cattivo”.
Pier Giorgio Tomatis
giovedì 2 aprile 2015
Finché morte non ci separi (ISIS vs Legge Fornero)
Voglio scrivere una frase molto forte e
pregna di significati e me ne assumo la piena responsabilità: ci
preoccupiamo dell'ISIS ma in Italia ha fatto più morti la Legge
Fornero che i jihaidisti. Se posso sembrare irriverente e di cattivo
gusto devo ricordare che l'ex Presidente del Consiglio Mario Monti
seppe fare peggio di me sostenendo, in breve, che dovevamo ritenerci
fortunati e lungimiranti perché con quel Governo (e la Crisi)
avevamo avuto nello stesso periodo storico meno suicidi della Grecia.
Non è il pessimo esecutivo del senatore a vita e nemmeno la setta
dei tagliatori di teste il vero argomento di questo articolo. In
realtà, voglio porre all'attenzione del lettore il fatto che la
paura di ciò che è diverso suscita in ognuno di noi un terrore
simile a quello della morte. Altrimenti, non si potrebbe
razionalmente spiegare come ci si possa spaventare per un'invasione
che non c'è e si assista inermi e senza reagire a questa silenziosa
strage degli innocenti. Perché non è la testa che rotola a
toglierci il sonno ma un impulso atavico che è radicato nel nostro
DNA e nella Storia (e nella Geografia) dei luoghi in cui viviamo. E'
un deja vu. I nostri avi hanno già vissuto un'esperienza simile e ne
hanno conservato per noi il ricordo. Lo portiamo dentro le nostre
cellule. L'altra crisi non ha colpito il nostro immaginario allo
stesso modo. Anche un secolo fa ci sono state delle morti ma se è
stata frutto di una (nefanda) scelta, forse, ci spaventa di meno
perché ci illudiamo che essere preparati all'estremo sacrificio sia
meno doloroso. “L’unica
cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, questa frase
è stata pronunciata da Franklin Delano Roosevelt durante il suo
discorso inaugurale il 4 marzo 1933, riferendosi alla Grande
Depressione. Credo dovremmo imparare bene il profondo significato di
questa massima pronunciata da una persona che ha cambiato il corso
della Storia senza riuscire a cambiare quello della sua vita,
condannata dalla poliomielite.
Pier Giorgio Tomatis
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