Su quanto è successo a Parigi la settimana scorsa occorre solo riempire di cordoglio il cuore e le parole. Non si può esprimersi con sentimenti diversi. La vita va difesa in ogni sua forma. Chi lotta e combatte per la Morte è, credente o meno, Cristiano o Mussulmano, europeo o mediorientale, un FOLLE, un pazzo, persona pericolosamente non dotata dei requisiti di intelligenza minimi per non danneggiare se stesso e l'intera società umana. Davanti alla morte e, peggio, a quella INUTILE non ci sono opinioni, coscienze, consapevolezze, intenzioni e cognizioni che deraglino da questi imprescindibili binari. Chiarito ciò, preme sottolineare un equivoco di fondo troppo furbo per essere preso sul serio ma che, invece, noi italiani abbiamo la tentazione di far nostro. Gli attentati terroristici etichettati da tutti i Media internazionali come di matrice islamica o, meglio, Daesh (o Daiish) non sono strumenti religiosi. Anzi, è verissimo che la religione viene spesso piegata da questi personaggi allo scopo di giustificare in modo imprescindibile TUTTE le loro azioni. Non è la Fede che deve essere messa in discussione quando si analizza quanto succede in giro per il mondo. E' la mancanza assoluta di politica e di democrazia il vero imputato di questo processo. Non è Dio a mettere una bomba in un locale come ad imbracciare un mitra. Sono uomini che approfittano nei loro Paesi di una TOTALE mancanza di una struttura politica e democratica in grado di controllare il suo territorio. Il terrorismo è criminalità organizzata pura e semplice. Ci sogneremmo mai di affermare che la Mafia combatte la legalità in nome di Dio in quanto i Boss si professano devoti? No e allora perché ci riesce così difficile fare altrettanto con Daesh? Ad essere messi in discussione non debbono essere i culti, i riti, le liturgie o le provenienze geografiche ma il vuoto legislativo, formativo, educativo e sociale che, in assenza di uno Stato democratico, regni dittatoriali e dispotici che esistono da secoli permettono e lasciano agire in modo del tutto indisturbato. Non c'è al momento nessuna guerra ma se ci fosse non sarebbe di civiltà ma di politica. Dove manca, infatti, i criminali demoliscono i diritti fondamentali e imprescindibili dei loro stessi conterranei. Senza pietà e senza alcun senso...
Pier Giorgio Tomatis
Peter Cruise è un tranquillo scozzese che abita a Edimburgo con tutta la sua famiglia: la bella moglie e i due figli. Una sera, prima di cena, bloccato nell’ascensore, non riesce ad assistere all’invasione della Terra da parte di una razza aliena. Da quando riesce a uscire da quella incomoda posizione e si fa largo tra le macerie, inizierà per lui un lungo calvario alla ricerca della sua famiglia e di una ragione per vivere in un mondo orribilmente trasformato per ospitare i suoi nuovi padroni.
lunedì 16 novembre 2015
martedì 13 ottobre 2015
Il lavoro in baratto
Il baratto amministrativo è una riedizione aggiornata dei "lavori socialmente utili" che sono nati negli Stati Uniti col New Deal per volontà del Presidente Roosevelt. All'epoca, l'obiettivo era quello di distribuire denaro a 2,5 milioni di americani senza reddito né proprietà, chiedendo loro in cambio di mettersi a disposizione della Nazione per non mortificarli e farli sentire alla stregua di accattoni. Oggi viene ripresentata con una formula legata più al debito contratto dai privati che non dal sano principio di equa circolazione della moneta. Il risultato, nella sostanza, non cambia e come tale siamo perfettamente favorevoli all'iniziativa. Rivendichiamo, altresì, la primigeneità della proposta e dell'unanime legame politico che tutti gli iscritti al Comitato Pinerolo Attiva hanno nei confronti delle leggi del New Deal o che si ispirano ad esse perché crediamo che quello e non le tesi della Scuola di Chicago ci possono portare seriamente fuori dalla Crisi. Nessuno si permetta di raccontarci la favola della Ripresa o dei Gufi. La situazione economica di Pinerolo e del Paese è tragica e il baratto amministrativo è una delle Leggi che il buon senso detta per salvare la vita dei e ai cittadini. Ci stiamo dando da fare per accogliere chi viene da tanto lontano perché è in difficoltà ed è cosa buona. Allo stesso tempo non possiamo essere così presbiti da non vedere il disagio, la sofferenza e le difficoltà quotidiane che deve affrontare chi viene da vicino. Molto vicino.
domenica 24 maggio 2015
mercoledì 29 aprile 2015
Troikaiser
Se
gli Alleati avessero avuto nei confronti dei tedeschi la stessa pietà
che loro oggi rivolgono ai greci, la Germania, oggi, sarebbe una pura
espressione geografica. Ciononostante, per irriconoscenza o pura
follia (o entrambe le cose), la Germany way of life è in buona
sostanza esigere dagli altri ciò che non si è preteso da se stessi.
Se la IIa guerra mondiale è stata causata da una pessima gestione
della fine della Ia, non si può proprio affermare che a Berlino
abbiano fatto tesoro di questo insegnamento e si voglia evitare di
ricreare quella situazione di povertà e disagio sociale dal quale
sono sorti i fascismi. Il Segretario di Stato degli Usa al termine
dell'ultima guerra mondiale, George Marshall, all'epoca affermò che
l'Europa avrebbe avuto bisogno per 3-4 anni (divennero poi 6) di
ingenti aiuti da parte americana. Senza di essi, la gran parte
del vecchio
continente avrebbe
conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche,
economiche e sociali. Il piano che prese il suo nome prendeva
forma da questo concetto. L'unione Sovietica (pur invitata al tavolo
delle trattative) se ne tirò subito fuori e con essa tutto il blocco
orientale che egemonizzava. Gli USA continuarono per la strada
intrapresa e cercarono di spingere gli Stati europei ad utilizzare
gli aiuti forniti loro non per fronteggiare le contingenze del
momento, quanto per avviare un processo di trasformazione strutturale
delle proprie economie. Se
l'Europa è una Istituzione paladina della democrazia di questa cosa,
di questo insegnamento storico non può non tenere conto. Altrimenti,
dobbiamo pensare che questo organo elettivo abbia priorità e
politiche che divergono dal concetto di sovranità popolare o che le
democrazie nazionali siano arrivate a questo evento del tutto
impreparate l'Unione sia destinata, perciò, al più misero dei
fallimenti. Questo evento, però, porterà con sé anche le
Istituzioni Nazionali, paradossalmente, perché l'Europa era nata
proprio per difendere queste ultime ed invece rischia di diventarne
l'affossatore, il becchino.
lunedì 13 aprile 2015
Attenti al Lupo
La
favola più raccontata nel Belpaese, da quando è incominciata la
Crisi, è che le cose vanno bene perché i ristoranti sono pieni. La
verità, lo sappiamo tutti, è un'altra. Il numero delle imprese che
si occupano di ristorazione è calato considerevolmente per
cessazione di attività. Il menù medio di un'azienda prevede che
quello che 8 anni fa era prezzato a 40 euro oggi si “vende”
solamente a 10. Tuttavia, si può pranzare e cenare con un pasto
completo a 4,5 euro in una serie sempre più ampia di ristoranti. La
spesa pro capite che i clienti “si permettono” di aggiungere al
menù è praticamente risibile. Sono state ridotte le spese per
l'acquisto della materia prima (diciamocelo pure che i formaggi
italiani con latte proveniente dalla Lituania sono un'altra cosa) e
il costo del lavoro dei cuochi e del servizio ai tavoli è stato
ridotto. Questo è, dunque, il Bengodi tanto decantato dai nostri
pifferai magici? Questa è la ripresa che sta arrivando ed è
segnalata da Istat e Ministeri vari? Credo che occorra essere seri e
onesti con tutti i cittadini italiani. Il messaggio che la massa sta
dando alla politica è chiaro: “smettetela di prenderci i soldi e
per i fondelli”. Non bastano più gli annunci e le dichiarazioni
roboanti sui mezzi di informazione, sempre più proni verso le
autorità del momento anziché al servizio e all'utenza. Lo Stato è
diventato (lo scriveva Lenin) l'organizzazione della violenza atta a
reprimere una certa classe: quella dei poveri e dei lavoratori. Basta
favole o la prossima la racconteranno i cittadini e sarà quella del
“Lupo cattivo”.
Pier Giorgio Tomatis
giovedì 2 aprile 2015
Finché morte non ci separi (ISIS vs Legge Fornero)
Voglio scrivere una frase molto forte e
pregna di significati e me ne assumo la piena responsabilità: ci
preoccupiamo dell'ISIS ma in Italia ha fatto più morti la Legge
Fornero che i jihaidisti. Se posso sembrare irriverente e di cattivo
gusto devo ricordare che l'ex Presidente del Consiglio Mario Monti
seppe fare peggio di me sostenendo, in breve, che dovevamo ritenerci
fortunati e lungimiranti perché con quel Governo (e la Crisi)
avevamo avuto nello stesso periodo storico meno suicidi della Grecia.
Non è il pessimo esecutivo del senatore a vita e nemmeno la setta
dei tagliatori di teste il vero argomento di questo articolo. In
realtà, voglio porre all'attenzione del lettore il fatto che la
paura di ciò che è diverso suscita in ognuno di noi un terrore
simile a quello della morte. Altrimenti, non si potrebbe
razionalmente spiegare come ci si possa spaventare per un'invasione
che non c'è e si assista inermi e senza reagire a questa silenziosa
strage degli innocenti. Perché non è la testa che rotola a
toglierci il sonno ma un impulso atavico che è radicato nel nostro
DNA e nella Storia (e nella Geografia) dei luoghi in cui viviamo. E'
un deja vu. I nostri avi hanno già vissuto un'esperienza simile e ne
hanno conservato per noi il ricordo. Lo portiamo dentro le nostre
cellule. L'altra crisi non ha colpito il nostro immaginario allo
stesso modo. Anche un secolo fa ci sono state delle morti ma se è
stata frutto di una (nefanda) scelta, forse, ci spaventa di meno
perché ci illudiamo che essere preparati all'estremo sacrificio sia
meno doloroso. “L’unica
cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, questa frase
è stata pronunciata da Franklin Delano Roosevelt durante il suo
discorso inaugurale il 4 marzo 1933, riferendosi alla Grande
Depressione. Credo dovremmo imparare bene il profondo significato di
questa massima pronunciata da una persona che ha cambiato il corso
della Storia senza riuscire a cambiare quello della sua vita,
condannata dalla poliomielite.
Pier Giorgio Tomatis
martedì 24 marzo 2015
La separazione... fa bene
Io
credo nel matrimonio, chiariamoci, e la separazione di cui voglio
parlare è quella dei poteri dello Stato in una democrazia compiuta.
John
Locke
è stato il primo ad elaborare una teoria
che nella Storia comincia ad assumere una fisionomia simile a quella
attuale. Egli pensava che il potere sovrano dovesse essere suddiviso
in potere legislativo, esecutivo (esecutivo e giudiziario, entrambi
facenti capo al Parlamento) e federativo (la Difesa, interna ed
esterna, il cui dominus era il Monarca). Colui che, però, viene
considerato il Padre della moderna teoria della separazione dei
poteri è Charles-Louis
de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu.
Filosofo francese(1689-1755)
nello
Spirito
delle leggi,
pubblicato nel1748,
afferma che "Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli
arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del
potere occorre che il potere arresti il potere". I tre poteri
dello Stato (così come li intendiamo anche oggi) sono: quello
legislativo, l'esecutivo e il giudiziario. Montesquieu, nella
visione della cosa pubblica, individua un ruolo di reciproco
controllo tra le istituzioni legislative e quelle esecutive, le quali
si condizionano e si limitano a vicenda. Egli, infatti, afferma che
“questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo o di
inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono
costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di
concerto." Lo
stesso Lenin scriveva che “il successo nell'uso del potere
condiziona la visione di quelli che si hanno di sotto”. E
fondamentale, perciò, in ogni democrazia, che afare le Leggi sia il
Parlamento, a tradurre in pratica i dettami dello stesse sia il
Governo e che l'applicazione delle Leggi venga valutata dagli organi
di Giustizia. Oggi, la nostra democrazia vede il Presidente del
Consiglio che è anche Segretario del Partito di Maggioranza della
coalizione che lo sostiene che ha fatto un accordo (che è stato
rispettato fino a poco tempo fa) con l'esponente di punta
dell'aggregazione di opposizione; l'attività parlamentare è ridotta
al lumicino e si riduce alla semplice approvazione delle riforme
predisposte dall'Esecutivo; è diffusa tra i Media un'ipotesi secondo
la quale un'importante figura della Magistratura (Raffaele Cantone),
un magistrato
italiano che dal
27 marzo 2014 è in aspettativa e che presiede l'Autorità
Nazionale Anticorruzione, verrà incaricato di sostituire l'ex
Ministro Lupi alle Infrastrutture e dei Trasporti. Prima di lui,
altri hanno seguito lo stesso esempio. Continuo a credere che... un
po' di separazione faccia bene a tutti (i poteri dello Stato).
giovedì 12 marzo 2015
The wolf of Sicilia Street
Mi
ha molto colpito quanto affermato dal deputato siciliano del PD
Davide Faraone nella puntata di Servizio Pubblico andata in onda su
La7 il 5 marzo c.a. In un battibecco serrato con Marco Travaglio il
Sottosegretario
di Stato del Ministero dell'Istruzione
affermava che in Sicilia si arrivava da un 61 a 0 (70% dei voti
contro il 30) e perciò era logico far confluire chi ha creduto e
votato Berlusconi nel suo Partito. Cioè, tutti i candidati del
Centro Destra alle elezioni erano stati eletti senza che uno solo
degli avversari avesse saputo fare altrettanto e in forza di questo
concetto è stato doveroso proporre a taluni personaggi di fare il
salto della quaglia e di “sostenere” il PD.
Un
vecchio proverbi dice che “se non li puoi battere, unisciti a
loro”. Credo sia calzante con quanto affermato dal deputato in
questione. Peccato che il “rottamatore” Renzi si sia proposto
all'elettorato italiano come colui che avrebbe cambiato certe logiche
di potere. E' difficile, infatti, notare una anche minuscola analogia
tra i termini “rottamazione” e “restaurazione” ma... tant'è.
Ne prendiamo atto. Il premier che voleva cambiare l'Italia sceglie,
nella Regione che più avrebbe bisogno di rinnovamento, di lasciare
tutto com'è e tutti dove stavano. Strana cosa è la politica se
riesce a trasformare un lupo che “non fa prigionieri” in un
tenero agnellino. D'ora in poi, per conoscere il futuro dell'Italia
non servirà a niente informarsi con i talk-show o i quotidiani. Il
vero saggio dispensatore di sapienza sarà Esopo e le sue favole.
Speriamo bene...
venerdì 6 marzo 2015
“MADE IN ITALY” IS THE NEW BLACK
Lo so. Non tutti coglieranno la
parafrasi contenuta nel titolo di questo articolo perché non
conoscono la serie televisiva statunitense “Orange is the new
black” dove per Orange si intende il colore della tuta (divisa?
Uniforme?) dei novizi carcerati. E' opinione palese o strisciante che
costoro (maschi o femmine, anche se la serie racconta le vicende di
una donna ex-lesbica detenuta nell'ala femminile del carcere) siano
gli ultimi tra gli ultimi. L'ironia del titolo gioca sul fatto che
esiste un colore che da meno diritti del black (cioè il nero, inteso
come pigmento dell'epidermide). Ebbene, nell'ottobre del 2013 la
Commissione Mercato Interno del Parlamento europeo ha votato
positivamente sulle proposte legislative in materia di sicurezza dei
prodotti formulate dall'Italia e che potremmo racchiudere molto
semplicemente nell'istituzione e nella tutela del marchio Made in
Italy. Il nodo cruciale era “la disposizione relativa
all'indicazione d'origine dei prodotti, che rafforza la tutela della
consapevole scelta dei cittadini europei. La piena informazione dei
consumatori rappresenta un elemento essenziale in un mercato aperto
alla concorrenza come quello dell'Unione Europea e può definirsi un
pilastro della cosiddetta democrazia economica. Alle imprese
italiane, la possibile futura normativa UE offre uno stimolante
terreno di sfida industriale e commerciale, consentendo di dare una
corretta visibilità alla provenienza dei loro prodotti"
dichiarava il Ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi.
Dopo poco più di un anno, è arrivata la doccia fredda. Il 14
Dicembre 2014, il regolamento europeo 1169/11 ha abolito l’obbligo
di inserimento dello stabilimento di provenienza o confezionamento
della merce nelle etichette dei prodotti alimentari. L’Europa
ritiene più importante il TTIP (il Trattato di libero scambio tra
Usa ed Ue) e non una norma che, parlandoci chiaro, salverebbe una
sola economia infastidendo tutte le altre. Oggi (ma è solo uno dei
casi all'ordine del giorno) è possibile trovare la mozzarella di
bufala di marchi italiani nelle nostre pizze fatta con latte
proveniente dalla Lituania (costa la metà ma ha anche la metà dei
controlli sanitari ed è perciò di qualità inferiore). Il Governo
italiano si è concentrato su altre priorità (l'articolo 18)
mandando al diavolo una (forse l'unica) eccellenza che ancora ci era
rimasta, il Made in Italy e di conseguenza il consumatore europeo (e
anche e soprattutto italiano). Se questi sono gli sforzi che
l'esecutivo fa per risollevare le nostre industrie sono sempre più
convinto che dobbiamo uscire dall'Europa. Meglio soli che male
accompagnati.
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