lunedì 16 novembre 2015

Le rogne dei Regni...

Su quanto è successo a Parigi la settimana scorsa occorre solo riempire di cordoglio il cuore e le parole. Non si può esprimersi con sentimenti diversi. La vita va difesa in ogni sua forma. Chi lotta e combatte per la Morte è, credente o meno, Cristiano o Mussulmano, europeo o mediorientale, un FOLLE, un pazzo, persona pericolosamente non dotata dei requisiti di intelligenza minimi per non danneggiare se stesso e l'intera società umana. Davanti alla morte e, peggio, a quella INUTILE non ci sono opinioni, coscienze, consapevolezze, intenzioni e cognizioni che deraglino da questi imprescindibili binari. Chiarito ciò, preme sottolineare un equivoco di fondo troppo furbo per essere preso sul serio ma che, invece, noi italiani abbiamo la tentazione di far nostro. Gli attentati terroristici etichettati da tutti i Media internazionali come di matrice islamica o, meglio, Daesh (o Daiish) non sono strumenti religiosi. Anzi, è verissimo che la religione viene spesso piegata da questi personaggi allo scopo di giustificare in modo imprescindibile TUTTE le loro azioni. Non è la Fede che deve essere messa in discussione quando si analizza quanto succede in giro per il mondo. E' la mancanza assoluta di politica e di democrazia il vero imputato di questo processo. Non è Dio a mettere una bomba in un locale come ad imbracciare un mitra. Sono uomini che approfittano nei loro Paesi di una TOTALE mancanza di una struttura politica e democratica in grado di controllare il suo territorio. Il terrorismo è criminalità organizzata pura e semplice. Ci sogneremmo mai di affermare che la Mafia combatte la legalità in nome di Dio in quanto i Boss si professano devoti? No e allora perché ci riesce così difficile fare altrettanto con Daesh? Ad essere messi in discussione non debbono essere i culti, i riti, le liturgie o le provenienze geografiche ma il vuoto legislativo, formativo, educativo e sociale che, in assenza di uno Stato democratico, regni dittatoriali e dispotici che esistono da secoli permettono e lasciano agire in modo del tutto indisturbato. Non c'è al momento nessuna guerra ma se ci fosse non sarebbe di civiltà ma di politica. Dove manca, infatti, i criminali demoliscono i diritti fondamentali e imprescindibili dei loro stessi conterranei. Senza pietà e senza alcun senso...
Pier Giorgio Tomatis

martedì 13 ottobre 2015

Il lavoro in baratto


Il baratto amministrativo è una riedizione aggiornata dei "lavori socialmente utili" che sono nati negli Stati Uniti col New Deal per volontà del Presidente Roosevelt. All'epoca, l'obiettivo era quello di distribuire denaro a 2,5 milioni di americani senza reddito né proprietà, chiedendo loro in cambio di mettersi a disposizione della Nazione per non mortificarli e farli sentire alla stregua di accattoni. Oggi viene ripresentata con una formula legata più al debito contratto dai privati che non dal sano principio di equa circolazione della moneta. Il risultato, nella sostanza, non cambia e come tale siamo perfettamente favorevoli all'iniziativa. Rivendichiamo, altresì, la primigeneità della proposta e dell'unanime legame politico che tutti gli iscritti al Comitato Pinerolo Attiva hanno nei confronti delle leggi del New Deal o che si ispirano ad esse perché crediamo che quello e non le tesi della Scuola di Chicago ci possono portare seriamente fuori dalla Crisi. Nessuno si permetta di raccontarci la favola della Ripresa o dei Gufi. La situazione economica di Pinerolo e del Paese è tragica e il baratto amministrativo è una delle Leggi che il buon senso detta per salvare la vita dei e ai cittadini. Ci stiamo dando da fare per accogliere chi viene da tanto lontano perché è in difficoltà ed è cosa buona. Allo stesso tempo non possiamo essere così presbiti da non vedere il disagio, la sofferenza e le difficoltà quotidiane che deve affrontare chi viene da vicino. Molto vicino.

mercoledì 29 aprile 2015

Troikaiser





Se gli Alleati avessero avuto nei confronti dei tedeschi la stessa pietà che loro oggi rivolgono ai greci, la Germania, oggi, sarebbe una pura espressione geografica. Ciononostante, per irriconoscenza o pura follia (o entrambe le cose), la Germany way of life è in buona sostanza esigere dagli altri ciò che non si è preteso da se stessi. Se la IIa guerra mondiale è stata causata da una pessima gestione della fine della Ia, non si può proprio affermare che a Berlino abbiano fatto tesoro di questo insegnamento e si voglia evitare di ricreare quella situazione di povertà e disagio sociale dal quale sono sorti i fascismi. Il Segretario di Stato degli Usa al termine dell'ultima guerra mondiale, George Marshall, all'epoca affermò che l'Europa avrebbe avuto bisogno per 3-4 anni (divennero poi 6) di ingenti aiuti da parte americana. Senza di essi, la gran parte del vecchio continente avrebbe conosciuto un gravissimo deterioramento delle condizioni politiche, economiche e sociali. Il piano che prese il suo nome prendeva forma da questo concetto. L'unione Sovietica (pur invitata al tavolo delle trattative) se ne tirò subito fuori e con essa tutto il blocco orientale che egemonizzava. Gli USA continuarono per la strada intrapresa e cercarono di spingere gli Stati europei ad utilizzare gli aiuti forniti loro non per fronteggiare le contingenze del momento, quanto per avviare un processo di trasformazione strutturale delle proprie economie. Se l'Europa è una Istituzione paladina della democrazia di questa cosa, di questo insegnamento storico non può non tenere conto. Altrimenti, dobbiamo pensare che questo organo elettivo abbia priorità e politiche che divergono dal concetto di sovranità popolare o che le democrazie nazionali siano arrivate a questo evento del tutto impreparate l'Unione sia destinata, perciò, al più misero dei fallimenti. Questo evento, però, porterà con sé anche le Istituzioni Nazionali, paradossalmente, perché l'Europa era nata proprio per difendere queste ultime ed invece rischia di diventarne l'affossatore, il becchino. 

lunedì 13 aprile 2015

Attenti al Lupo






La favola più raccontata nel Belpaese, da quando è incominciata la Crisi, è che le cose vanno bene perché i ristoranti sono pieni. La verità, lo sappiamo tutti, è un'altra. Il numero delle imprese che si occupano di ristorazione è calato considerevolmente per cessazione di attività. Il menù medio di un'azienda prevede che quello che 8 anni fa era prezzato a 40 euro oggi si “vende” solamente a 10. Tuttavia, si può pranzare e cenare con un pasto completo a 4,5 euro in una serie sempre più ampia di ristoranti. La spesa pro capite che i clienti “si permettono” di aggiungere al menù è praticamente risibile. Sono state ridotte le spese per l'acquisto della materia prima (diciamocelo pure che i formaggi italiani con latte proveniente dalla Lituania sono un'altra cosa) e il costo del lavoro dei cuochi e del servizio ai tavoli è stato ridotto. Questo è, dunque, il Bengodi tanto decantato dai nostri pifferai magici? Questa è la ripresa che sta arrivando ed è segnalata da Istat e Ministeri vari? Credo che occorra essere seri e onesti con tutti i cittadini italiani. Il messaggio che la massa sta dando alla politica è chiaro: “smettetela di prenderci i soldi e per i fondelli”. Non bastano più gli annunci e le dichiarazioni roboanti sui mezzi di informazione, sempre più proni verso le autorità del momento anziché al servizio e all'utenza. Lo Stato è diventato (lo scriveva Lenin) l'organizzazione della violenza atta a reprimere una certa classe: quella dei poveri e dei lavoratori. Basta favole o la prossima la racconteranno i cittadini e sarà quella del “Lupo cattivo”.
Pier Giorgio Tomatis

giovedì 2 aprile 2015

Finché morte non ci separi (ISIS vs Legge Fornero)





Voglio scrivere una frase molto forte e pregna di significati e me ne assumo la piena responsabilità: ci preoccupiamo dell'ISIS ma in Italia ha fatto più morti la Legge Fornero che i jihaidisti. Se posso sembrare irriverente e di cattivo gusto devo ricordare che l'ex Presidente del Consiglio Mario Monti seppe fare peggio di me sostenendo, in breve, che dovevamo ritenerci fortunati e lungimiranti perché con quel Governo (e la Crisi) avevamo avuto nello stesso periodo storico meno suicidi della Grecia. Non è il pessimo esecutivo del senatore a vita e nemmeno la setta dei tagliatori di teste il vero argomento di questo articolo. In realtà, voglio porre all'attenzione del lettore il fatto che la paura di ciò che è diverso suscita in ognuno di noi un terrore simile a quello della morte. Altrimenti, non si potrebbe razionalmente spiegare come ci si possa spaventare per un'invasione che non c'è e si assista inermi e senza reagire a questa silenziosa strage degli innocenti. Perché non è la testa che rotola a toglierci il sonno ma un impulso atavico che è radicato nel nostro DNA e nella Storia (e nella Geografia) dei luoghi in cui viviamo. E' un deja vu. I nostri avi hanno già vissuto un'esperienza simile e ne hanno conservato per noi il ricordo. Lo portiamo dentro le nostre cellule. L'altra crisi non ha colpito il nostro immaginario allo stesso modo. Anche un secolo fa ci sono state delle morti ma se è stata frutto di una (nefanda) scelta, forse, ci spaventa di meno perché ci illudiamo che essere preparati all'estremo sacrificio sia meno doloroso. L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, questa frase è stata pronunciata da Franklin Delano Roosevelt durante il suo discorso inaugurale il 4 marzo 1933, riferendosi alla Grande Depressione. Credo dovremmo imparare bene il profondo significato di questa massima pronunciata da una persona che ha cambiato il corso della Storia senza riuscire a cambiare quello della sua vita, condannata dalla poliomielite. 
Pier Giorgio Tomatis

martedì 24 marzo 2015

La separazione... fa bene




Io credo nel matrimonio, chiariamoci, e la separazione di cui voglio parlare è quella dei poteri dello Stato in una democrazia compiuta. John Locke è stato il primo ad elaborare una teoria che nella Storia comincia ad assumere una fisionomia simile a quella attuale. Egli pensava che il potere sovrano dovesse essere suddiviso in potere legislativo, esecutivo (esecutivo e giudiziario, entrambi facenti capo al Parlamento) e federativo (la Difesa, interna ed esterna, il cui dominus era il Monarca). Colui che, però, viene considerato il Padre della moderna teoria della separazione dei poteri è Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu. Filosofo francese(1689-1755) nello Spirito delle leggi, pubblicato nel1748, afferma che "Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il potere arresti il potere". I tre poteri dello Stato (così come li intendiamo anche oggi) sono: quello legislativo, l'esecutivo e il giudiziario. Montesquieu, nella visione della cosa pubblica, individua un ruolo di reciproco controllo tra le istituzioni legislative e quelle esecutive, le quali si condizionano e si limitano a vicenda. Egli, infatti, afferma che “questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto." Lo stesso Lenin scriveva che “il successo nell'uso del potere condiziona la visione di quelli che si hanno di sotto”. E fondamentale, perciò, in ogni democrazia, che afare le Leggi sia il Parlamento, a tradurre in pratica i dettami dello stesse sia il Governo e che l'applicazione delle Leggi venga valutata dagli organi di Giustizia. Oggi, la nostra democrazia vede il Presidente del Consiglio che è anche Segretario del Partito di Maggioranza della coalizione che lo sostiene che ha fatto un accordo (che è stato rispettato fino a poco tempo fa) con l'esponente di punta dell'aggregazione di opposizione; l'attività parlamentare è ridotta al lumicino e si riduce alla semplice approvazione delle riforme predisposte dall'Esecutivo; è diffusa tra i Media un'ipotesi secondo la quale un'importante figura della Magistratura (Raffaele Cantone), un magistrato italiano che dal 27 marzo 2014 è in aspettativa e che presiede l'Autorità Nazionale Anticorruzione, verrà incaricato di sostituire l'ex Ministro Lupi alle Infrastrutture e dei Trasporti. Prima di lui, altri hanno seguito lo stesso esempio. Continuo a credere che... un po' di separazione faccia bene a tutti (i poteri dello Stato).



giovedì 12 marzo 2015

The wolf of Sicilia Street




Mi ha molto colpito quanto affermato dal deputato siciliano del PD Davide Faraone nella puntata di Servizio Pubblico andata in onda su La7 il 5 marzo c.a. In un battibecco serrato con Marco Travaglio il Sottosegretario di Stato del Ministero dell'Istruzione affermava che in Sicilia si arrivava da un 61 a 0 (70% dei voti contro il 30) e perciò era logico far confluire chi ha creduto e votato Berlusconi nel suo Partito. Cioè, tutti i candidati del Centro Destra alle elezioni erano stati eletti senza che uno solo degli avversari avesse saputo fare altrettanto e in forza di questo concetto è stato doveroso proporre a taluni personaggi di fare il salto della quaglia e di “sostenere” il PD.

Un vecchio proverbi dice che “se non li puoi battere, unisciti a loro”. Credo sia calzante con quanto affermato dal deputato in questione. Peccato che il “rottamatore” Renzi si sia proposto all'elettorato italiano come colui che avrebbe cambiato certe logiche di potere. E' difficile, infatti, notare una anche minuscola analogia tra i termini “rottamazione” e “restaurazione” ma... tant'è. Ne prendiamo atto. Il premier che voleva cambiare l'Italia sceglie, nella Regione che più avrebbe bisogno di rinnovamento, di lasciare tutto com'è e tutti dove stavano. Strana cosa è la politica se riesce a trasformare un lupo che “non fa prigionieri” in un tenero agnellino. D'ora in poi, per conoscere il futuro dell'Italia non servirà a niente informarsi con i talk-show o i quotidiani. Il vero saggio dispensatore di sapienza sarà Esopo e le sue favole. Speriamo bene...

venerdì 6 marzo 2015

“MADE IN ITALY” IS THE NEW BLACK






Lo so. Non tutti coglieranno la parafrasi contenuta nel titolo di questo articolo perché non conoscono la serie televisiva statunitense “Orange is the new black” dove per Orange si intende il colore della tuta (divisa? Uniforme?) dei novizi carcerati. E' opinione palese o strisciante che costoro (maschi o femmine, anche se la serie racconta le vicende di una donna ex-lesbica detenuta nell'ala femminile del carcere) siano gli ultimi tra gli ultimi. L'ironia del titolo gioca sul fatto che esiste un colore che da meno diritti del black (cioè il nero, inteso come pigmento dell'epidermide). Ebbene, nell'ottobre del 2013 la Commissione Mercato Interno del Parlamento europeo ha votato positivamente sulle proposte legislative in materia di sicurezza dei prodotti formulate dall'Italia e che potremmo racchiudere molto semplicemente nell'istituzione e nella tutela del marchio Made in Italy. Il nodo cruciale era “la disposizione relativa all'indicazione d'origine dei prodotti, che rafforza la tutela della consapevole scelta dei cittadini europei. La piena informazione dei consumatori rappresenta un elemento essenziale in un mercato aperto alla concorrenza come quello dell'Unione Europea e può definirsi un pilastro della cosiddetta democrazia economica. Alle imprese italiane, la possibile futura normativa UE offre uno stimolante terreno di sfida industriale e commerciale, consentendo di dare una corretta visibilità alla provenienza dei loro prodotti" dichiarava il Ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero Milanesi. Dopo poco più di un anno, è arrivata la doccia fredda. Il 14 Dicembre 2014, il regolamento europeo 1169/11 ha abolito l’obbligo di inserimento dello stabilimento di provenienza o confezionamento della merce nelle etichette dei prodotti alimentari. L’Europa ritiene più importante il TTIP (il Trattato di libero scambio tra Usa ed Ue) e non una norma che, parlandoci chiaro, salverebbe una sola economia infastidendo tutte le altre. Oggi (ma è solo uno dei casi all'ordine del giorno) è possibile trovare la mozzarella di bufala di marchi italiani nelle nostre pizze fatta con latte proveniente dalla Lituania (costa la metà ma ha anche la metà dei controlli sanitari ed è perciò di qualità inferiore). Il Governo italiano si è concentrato su altre priorità (l'articolo 18) mandando al diavolo una (forse l'unica) eccellenza che ancora ci era rimasta, il Made in Italy e di conseguenza il consumatore europeo (e anche e soprattutto italiano). Se questi sono gli sforzi che l'esecutivo fa per risollevare le nostre industrie sono sempre più convinto che dobbiamo uscire dall'Europa. Meglio soli che male accompagnati.